Sfruttando un cofanetto regalo, io e il mio ragazzo abbiamo deciso di regalarci un piacevole soggiorno di due giorni e una notte nella terra delle Langhe e, nello specifico, nel cuneese.
Abbiamo iniziato il nostro viaggio diretti ad Alba (due ore d’auto da Milano), città medaglia d’oro al valore militare per la lotta partigiana durante gli anni del fascismo (1943-1945). Qui abbiamo con fatica trovato un parcheggio (vi consigliamo di lasciare l’auto nella grande area parcheggio appena fuori il centro) e da lì ci siamo subito incamminati verso il centro storico. Il profumo di cacao ci ha accolto non appena siamo scesi dall’auto e non ci ha mai abbandonato per tutto il tempo di visita! Nelle vicinanze c’era senza dubbio una fabbrica di cioccolato – o magari anche più di una – e l’odore del cacao tostato era davvero inconfondibile.
Siamo capitati ad Alba proprio nei giorni in cui c’era la Grande Fiera d’Estate, un grande mercato comunale dove trovare di tutto di più. Via Cavour era letteralmente invasa dalle bancarelle e non ci siamo goduti la cittadina come avremmo voluto, ma, poco male, a lato della strada c’erano degli ampi portici che consentivano di muoversi con molta più facilità. Passeggiando per le stradine del centro storico, ci siamo imbattuti nel Mercato della terra, dove commercianti locali vendevano prodotti tipici della zona, tra cui la famosissima nocciola delle Langhe, ma anche alimenti ben più curiosi e insoliti, come la confettura di rose rosse ai fiori di acacia e i fichi mandorlati.
La Cattedrale di San Lorenzo (XII-XIII secolo) che si trova in Piazza Risorgimento è purtroppo non visitabile a causa di un matrimonio in corso. Non ci va di entrare per via della gran confusione e così continuiamo ad andare a zonzo senza una meta precisa, continuando a perderci nelle incantevoli viuzze del centro storico. L’ora di pranzo però si avvicina rapidamente e, visto che abbiamo quasi un’ora di viaggio per raggiungere Vicoforte, decidiamo di lasciare Alba. Il profumo di cacao ci accompagna di nuovo fino all’auto.
Vicoforte è un paesino di circa 3500 abitanti. Per arrivarci attraversiamo il fiume Tanaro e le cittadine di Barolo e Novello. Ci sono vigne ovunque, il paesaggio è davvero notevole. Arriviamo senza difficoltà, ma un po’ affamati, alla Cioccolocanda di Vicoforte, una struttura che comprende un hotel, un bar pasticceria, un museo del cioccolato, un ristorante e, nei piani interrati, una fabbrica di cioccolato. Abbiamo deciso di fermarci anche per pranzo, oltre che per cena, e con il senno di poi abbiamo fatto senz’altro la scelta giusta.
Il menu è a base di cucina piemontese con contaminazioni al cacao (non cioccolato che è dolce, ma cacao amaro, che ben si presta ad accompagnarsi a tante pietanze). Per soli 15€ a testa mangiamo un primo (ravioli di carne di pasta al cacao e gnocchi al formaggio) e un secondo (capocollo con crosta al cacao). Optiamo poi per un dolce, la testa di moro con pistacchio di Sicilia e cioccolato dell’Ecuador. La camera che ci hanno assegnato è dedicata alla Colombia e le contaminazioni al cacao sono anche qui: gli arredi e le pareti richiamano il colore del cioccolato e qua e là ci sono le impronte delle mani sporche di cioccolato del proprietario, Silvio Bessone che, insieme a sua moglie Mery, gestisce tutta la struttura.
Guarda caso capitiamo a Vicoforte proprio nel periodo della festa del Santuario, che è proprio a due passi dalla locanda. Lo visitiamo subito dopo pranzo, ma anche in questo caso c’è un matrimonio in attesa di essere celebrato e quindi abbiamo davvero poco tempo per visitare l’imponente Chiesa, prima che tutti gli invitati entrino e prendano posto.
Torniamo alla locanda e, dopo aver gustato alcuni cioccolatini di loro produzione, andiamo a goderci il nostro meritato bagno al cioccolato per la coppia. Una splendida vasca di legno orientale piena di cioccolato (alimentare!) soltanto per noi.
Un’ora passa in fretta e così prima di cena e dopo esserci risciacquati con cura, andiamo all’appuntamento per la visita guidata con i proprietari. Silvio Bessone ha sempre desiderato diventare un cioccolatiere e, con il supporto di suo nonno che lo incita a “fare quello che gli altri non fanno più e quello che gli altri non fanno ancora”, riesce in breve tempo a realizzare il suo sogno. Quello che gli altri non fanno più è il cioccolato: ci sono pochissimi produttori di cioccolato in Italia, perché, evidentemente per contenere i costi, si preferisce andare a comprarlo altrove.
La storia della cioccolocanda si fonde con quella del Santuario vicino: fu Carlo Emanuele I a portare il cacao in Piemonte e furono i monaci ad inventare la bevanda al cioccolato, unendo il miele al cacao, altrimenti amaro e immangiabile. Vediamo un bel documentario realizzato da Bessone, dove assistiamo alle diverse fasi della produzione del cacao, a partire dalle piantagioni in America del Sud, ma non solo, passando per l’essicazione e la tostatura. Davvero istruttivo. Abbiamo anche l’opportunità di assaggiare il loro cioccolato, notevole è la crema spalmabile Nocciolina, a base di nocciola Trilobata del Piemonte e povera di grassi.
E’ ormai ora di cena e continuiamo il nostro menu con contaminazioni al cacao: ci portano dei tagliolini tricolore (bianco, verde spinacio e marrone cacao) ai funghi porcini e una battuta con granella al cacao. Una volta tornati in camera chiudiamo in bellezza con una bella fonduta al cioccolato fondente.
La mattina dopo ci alziamo con calma e, dopo una ricca colazione, partiamo alla volta di Grinzane Cavour, un paesino di meno di 2000 anime a un’ora di viaggio da Vicoforte. Qui visitiamo il Castello che è sede dell’enoteca regionale piemontese Cavour, nonché luogo di riunione dell’Ordine dei Cavalieri del Tartufo e dei Vini d’Alba. Camillo Benso è stato un personaggio chiave per il destino del castello, di proprietà della sua famiglia, ma non solo: il Conte di Cavour, infatti, non è stato solo un politico ma anche una personalità molto importante nel piccolo paesino di Grinzane, dove Camillo Benso è stato sindaco per 17 anni (dal 1832 al 1849), prima della sua ascesa in politica.
Il Conte ha fatto di tutto per risollevare i destini della tenuta e c’è riuscito. Grazie a lui le vigne sono state bonificate e fertilizzate opportunatamente così che hanno potuto produrre il miglior vino piemontese, il Barolo, nato proprio nelle cantine del Castello. Il museo all’interno del Castello è costituito da 8 stanze e, grazie all’audioguida, riusciamo a comprendere meglio il personaggio di Camillo Benso, una persona appassionata e determinata, convinta che l’agricoltura fosse “la più gradevole e la più conveniente occupazione in questo secolo”.
Apprendiamo che all’interno del Castello si svolge l’asta annuale di tartufo, la seconda domenica di novembre: secondo Giovenale, è stato Giove, scagliando un fulmine su una quercia, a “creare” il primo tartufo bianco, una vera e propria ricchezza gastronomica. Tra l’altro il simbolo dell’ordine dei Cavalieri del tartufo è uno stemma con all’interno quattro figure, un Angelo, un Leone, un Bue e un’Aquila, le cui iniziali formano proprio la parola Alba, cittadina comproprietaria del maniero. L’angelo, il leone, il bue e l’aquila sono i simboli dei quattro evangelisti, Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
Terminata la visita al museo decidiamo di mangiare in una trattoria a due passi dal Castello, La Salinera. Spendiamo appena 23€ per un antipasto (salame crudo con mousse ai carciofi) e due primi davvero abbondanti (tagliatelle al ragù e ravioli al Plin burro e salvia). Un bel modo per chiudere il nostro week end nelle Langhe prima di tornare a Milano!