Tre giorni ad Amburgo per una full immersion nella storia e cultura anseatiche
Per organizzare al meglio i nostri tre giorni in quella che è comunemente definita la Venezia del Nord abbiamo dovuto fare riferimento ad altri siti e risorse on line (uno su tutti, TripAdvisor). Abbiamo prenotato, un mese prima, il volo da Milano (con Easyjet) e l’alloggio da Booking.com, optando per l’Hotel Engel, a circa 6 km dall’aeroporto di Amburgo.
La città, infatti, è piuttosto cara e ovviamente gli hotel non fanno eccezione: tutti gli alberghi del centro erano decisamente più costosi e così abbiamo dovuto ripiegare su una zona più periferica, ma non per questo scomoda o difficilmente raggiungibile. In effetti, l’Hotel è a meno di 10 minuti a piedi dalla stazione più vicina (la linea U2, stazione di Hangendeel) grazie alla quale è possibile raggiungere il centro in circa 15-20 minuti.
Partiamo nel primo pomeriggio del venerdì e arriviamo ad Amburgo in perfetto orario. Prendiamo il taxi (in metro, purtroppo, perderemmo molto più tempo, cambiando due volte linea) e, giusto il tempo di rinfrescarci in hotel, siamo di nuovi pronti per uscire. Scendiamo alla stazione di Jungfernstieg (letteralmente “salita delle zitelle”) e passeggiamo un po’ per il centro, costeggiando il lago Alster e la zona dello shopping, dove si trovano le boutique delle griffe più importanti. Il nome della via allude all’antica usanza di portare a spasso le giovani donne non sposate, allo scopo di “esibirle” per trovar loro marito.
Prendiamo nuovamente la metro a Rathaus (il maestoso Municipio di Amburgo) e andiamo verso Baumwall, nei pressi del porto fluviale. Il fiume Elba, in effetti, ha avuto un’importanza strategica nel corso dei secoli e ha permesso alla città di Amburgo di prosperare grazie al commercio. La zona del porto, tra l’altro, è molto viva e ricca di attrazioni. Non sappiamo se è così tutti i giorni, ma al momento della nostra visita troviamo bancarelle di oggettistica, abiti e prodotti locali nonché chioschetti di street food. Peccato che inizi a fare abbastanza freddo e, a questo punto, preferiamo recarci al Dock 14 (in via Fishmarkt 14), un bel pub dove mangiamo un antipasto, fish & chips e grigliata di carne, spendendo circa 20 euro a testa.
La mattina dopo decidiamo di fare colazione in hotel, per la modica cifra di 11 euro a testa. La zona è residenziale e, per raggiungere il primo bar disponibile, dovremmo prendere molto probabilmente la metropolitana. A questo proposito abbiamo trovato molto conveniente il biglietto di gruppo al costo di 11.20 € al giorno. Il biglietto consente di viaggiare in gruppo – fino ad un massimo di 5 persone – per l’intera giornata (nei feriali, è esclusa però la fascia 6-9). Facendo due conti, si verifica facilmente che tale biglietto è conveniente anche se si viaggia soltanto in due.
Prendiamo la metro in direzione Jungfernstieg, dove cambiamo con la linea S1 in direzione Blankenese per raggiungere il paesino di Treppenviertel. Siamo molto lontani dal centro città (a circa 30 minuti da Rathaus), ma nonostante ciò è possibile raggiungere la zona utilizzando il biglietto di prima fascia (quello che comprende la zona AB), senza alcun sovrapprezzo. In realtà ci saremmo aspettati qualcosa di più dalla Positano del nord – come viene definita Treppenviertel: tutto sommato al di là di un bel panorama e case e villette davvero graziose non c’è molto altro. Volendo si potrebbe mangiare al Fischclub – un bel ristorante sul fiume – ma noi, avendo fatto tardi, siamo costretti a prendere nuovamente la metro verso Rathaus per il walking tour delle ore 14, prenotato da tempo.
Purtroppo, un contrattempo in metropolitana scombina i nostri piani così accurati. Ad Altona, siamo costretti a scendere e perdiamo un’ora per riuscire a salire su un autobus e tornare in centro. Per pochi minuti, siamo obbligati a rinunciare alla nostra visita guidata (che riprogrammiamo per il giorno successivo) e, dopo esserci rifocillati allo Starbucks del Rathausmarkt, andiamo a piedi verso la zona dei magazzini commerciali, altrimenti detto warehouse district. In effetti, la zona del centro si può tranquillamente girare a piedi, anche grazie alla presenza di numerosi cartelli che indicano in maniera molto precisa le distanze. Visitiamo il museo Speicherstadt – la città dei magazzini – incentrato sullo stoccaggio e il commercio di caffè e cacao. Il museo (ticket di ingresso: 3.90 €) è piuttosto piccolo e lo si può visitare in meno di mezz’ora, anche perché purtroppo solo una parte delle didascalie è tradotta in inglese.
Nelle vicinanze, in realtà, ci sarebbero anche altri musei (tra cui il Museo delle spezie e il Museo marittimo), ma preferiamo andare oltre e stare all’aria aperta il più possibile per sfruttare la bella giornata di sole. Sempre a piedi andiamo verso la Chiesa di San Michele. La salita alla torre (ticket intero: 5 €) ci consente di ammirare dall’alto la città riuscendo ad individuare, grazie alle illustrazioni poste in corrispondenza di alcuni affacci, i principali monumenti della città.
Per chi non se la sente di salire a piedi ben 452 scalini, è a disposizione un comodo ascensore. La chiesa, che visitiamo subito dopo, è affascinante nella sua semplicità. Molto luminosa, a differenza delle chiese cattoliche a cui siamo maggiormente abituati; i colori prevalenti sono l’oro e il bianco.
Una volta usciti, scopriamo di essere molto vicini al Planten un Blomen (“piante e fiori”), il giardino botanico di Amburgo, l’ideale per una bella giornata di sole.
Prima di andare a cena, riusciamo anche a visitare la chiesa di San Nicola (patrono dei marinai e dei viaggiatori), distrutta nel Grande incendio del 1842 e successivamente nel 1943, durante l’operazione Gomorrah. La chiesa non è stata più ricostruita e attualmente è un memoriale. Sono visibili alcuni resti, tra cui la torre campanaria che ospita, dal 2005, un ascensore panoramico. I cittadini di Amburgo, nel 1993, hanno deciso di donare alla chiesa un carillon – costituito da ben 51 campane – che suona una melodia in determinati orari della giornata.
Per cena ci spostiamo nuovamente verso il warehouse district, optando per il pub Groninger, dove spendiamo 20 euro a testa per un piatto unico di carne e pesce e una birra piccola. L’ultima tappa della giornata è il Miniatur Wunderland (il biglietto intero costa 13 €): due piani di ricostruzioni in miniatura di paesaggi di vario tipo, tra cui il Gran Canyon, Las vegas, la città di Amburgo, la Scandinavia e l’aeroporto di Amburgo. Davvero ben fatti e stupefacenti i modellini di treni e aerei (che “volano” realmente!). Nei prossimi anni, saranno realizzate ricostruzioni relative alla Francia, Italia e Gran Bretagna. Volendo, è possibile – principalmente per evitare la coda – acquistare i biglietti on line ed usufruire eventualmente di un piccolo sconto previsto per alcune fasce orarie.
Il giorno dopo riusciamo finalmente a partecipare alla visita guidata del centro storico della città. Optiamo per Robin and the tour guides, riconoscibilissimi dall’ombrello giallo, che ci danno appuntamento proprio di fronte al Rathaus. Contrariamente alle previsioni, non piove e così riusciamo a goderci una bella e lunga passeggiata nel centro storico della città. Due sono gli eventi che hanno segnato la popolazione e contribuito a modificare in parte la planimetria e la canalizzazione di Amburgo: il Grande incendio del 1842 e la seconda guerra mondiale.
Il tour parte proprio dal maestoso edificio comunale, che è in realtà il sesto in ordine cronologico. Il quinto, che si trovava in un luogo vicino, venne letteralmente fatto saltare in aria per impedire all’incendio di propagarsi, ma con scarso successo. La guida, tra l’altro, ci fa notare che, sulla torre, è scolpita una fenice (l’uccello che risorge dalle sue ceneri).
Uno degli edifici più caratteristici della zona antica della città è la Kontorhouse – o counting house – luoghi dove erano dislocati gli uffici finanziari della città. Qui, ci sono – alcuni ancora operativi – degli ascensori a Paternoster – che permettono di salire e scendere “al volo” – per ammirare da vicino alcuni degli edifici più rappresentativi della storia di Amburgo.
Visitiamo, poi, la chiesa di San Nicola (qui apprendiamo che, all’epoca della sua costruzione, il 1874, la torre era l’edificio più alto al mondo, ma questo primato durò soltanto due anni), e poi proseguiamo verso Deichstrasse, ovvero il punto esatto nel quale divampò il fuoco che causò la distruzione di quasi metà della città.
Poco distanti, tra l’altro, vediamo un gruppo di edifici ricostruiti secondo le architetture dell’epoca. Diversi furono i motivi che resero più difficile la vita ai pompieri in quell’occasione (l’incendio durò ben tre giorni): la giornata particolarmente ventosa, il materiale legnoso di cui erano fatti gli edifici, le stradine strette del centro storico e, infine, l’alcool! Pare che nei magazzini portuali del warehouse district, all’epoca dell’incendio, fossero conservate grandi quantità di alcool che, per evitare esplosioni, venne gettato nel canale. L’acqua del canale venne però utilizzata dai pompieri per spegnere le fiamme, con esiti che possiamo ben immaginare…
La guida ci parla anche dell’Hafencity, ovvero il quartiere moderno della città che sorge nei pressi del porto. Si tratta di una nuova area residenziale che estenderà il centro del 30% e lo arricchirà di nuovi negozi e aree commerciali. Non l’intero piano urbanistico, però, è ugualmente apprezzato dai cittadini: particolarmente osteggiata è la costruzione (che dovrebbe terminare nel 2017) del concert hall (filarmonic of Elbe) che sorge a breve distanza dalla chiesa di San Michele. I costi sono lievitati di 10 volte (da 77 a 800 milioni di euro) anche se, a quanto pare, la vendita degli appartamenti e hotel di lusso creati all’interno dell’edificio dovrebbe garantire un certo introito.
Prima di lasciare Amburgo, visitiamo anche la chiesa di San Pietro (St Petri), anch’essa ricostruita dopo il grande incendio e soprattutto il museo Kunsthalle, dove è possibile visitare la collezione permanente e le mostre temporanee. Qui, ammiriamo il bellissimo Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich e i dipinti di altri artisti di fama mondiale, tra cui Edvard Munch, Manet e Tiepolo.