Tour enogastronomico, balneare e culturale nel trapanese e nelle meravigliose Egadi
Dopo aver tanto sentito parlare del trapanese e, in particolare, di San Vito Lo Capo non potevamo proprio fare a meno di organizzare una vacanza da quelle parti, rigorosamente fuori stagione (a fine settembre) e con un budget ridotto. Avendo a disposizione 11 giorni, abbiamo optato per una settimana a Buseto Palizzolo, un paesino a metà strada da tutto ciò che ci interessava vedere, e tre notti a Favignana con la possibilità di spostarci verso Levanzo e Marettimo.
Arriviamo alla Fattoria Spezia, azienda didattica e agriturismo immerso nel verde della campagna trapanese, poco dopo mezzogiorno. Giusto in tempo per guardarci intorno e lasciare le valigie in camera prima di rimetterci in auto (noleggiata in aeroporto, con convenzione Ryanair) per andare a pranzo.
Al momento di acquistare i biglietti aerei, infatti, abbiamo preferito prenotare sin da subito anche la vettura, visto il prezzo scontatissimo rispetto alla tariffa standard della compagnia di noleggio. Occhio, però, alle modalità di riconsegna dell’auto (con pieno o senza pieno), il cui costo va valutato in base alle proprie esigenze.
Da Peppe e Nino, un’ottima trattoria-pizzeria a Buseto Palizzolo, assaggiamo il piatto tipico della zona: le busiate all’aglio con pesto alla trapanese, a base di mandorle, pomodori e aglio. Come antipasto prendiamo le panelle, delle buonissime frittelle fatte con pasta di ceci. Chiudiamo con un semifreddo alle mandorle, il tutto per la modica cifra di 25 euro in due!
Tornati all’agriturismo, ne approfittiamo per schiacciare un pisolino prima di trasferirci in spiaggia a San Vito Lo Capo. Trascorriamo due piacevoli ore, facendo il bagno in un’acqua limpidissima e trasparente dove è possibile guardare il fondale senza necessità di indossare maschera e boccaglio. Pur essendo domenica pomeriggio, la spiaggia non è troppo affollata e riusciamo a goderci appieno il mare, nonostante il cielo a tratti nuvoloso e una temperatura record di 34 gradi.
Il tempo si mantiene soleggiato e molto caldo anche il giorno successivo, quando ci spostiamo verso la Riserva dello Stagnone nei pressi di Marsala, a circa quaranta minuti dalla nostra base. Qui è possibile visitare il museo del sale che spiega dettagliatamente come avviene il processo di estrazione del sale nelle vicine saline, enormi vasche colme d’acqua, tra le quali scorgiamo grossi cumuli di sale lasciato a decantare. Noi però preferiamo optare per il tour con visita guidata nelle acque dello Stagnone, un gigantesco stagno – da qui il nome – dove sorgono le isole di Mothia, Isola lunga, Schola e Santa Maria. La visita in barca costa 10 euro e dura circa un’ora. In alternativa, si può scegliere di farsi traghettare verso Mothia, al costo di 5 euro, dove poi sarà possibile visitare l’isola – colonizzata dai fenici – al costo di 9 euro a persona.
Ricordate, in ogni caso, di procurarvi del contante, perché non sono accettate carte di nessun tipo e vi potrebbe capitare quindi di riprendere l’auto alla ricerca di un bancomat, com’è capitato a noi!
Il fondale dello Stagnone è molto basso (40 centimetri in media!) e, addirittura, un tempo era stata costruita una strada che collegava Mothia (un importante porto commerciale in epoca fenicia) con la terraferma. L’innalzamento progressivo del livello del mare ha reso possibile la navigazione in queste acque.
A Marsala arriviamo appena un’ora prima della chiusura del museo del Baglio Anselmi, dove sono conservati i resti di una nave punica, la più antica nave a remi da guerra.
Qui non possiamo fare a meno di assaggiare il famosissimo pesce spada alla marsalese (con vino Marsala, uvetta e pinoli) al Risto Bar su Via Garibaldi, conveniente e con tavoli all’aperto.
Sappiate che la pausa pranzo, da queste parti, è molto lunga, per cui vi consigliamo di organizzarvi bene con gli orari di apertura di Chiese e Musei. Alle 3 del pomeriggio, purtroppo, riusciamo soltanto a visitare la Chiesa Madre in Piazza della Repubblica, ricostruita nel XVII secolo sui resti di una Chiesa normanna. L’interno è molto bello, caratterizzato dal bianco della stuccatura delle tre navate e dai mattoncini in cotto sulle imponenti colonne. Avendo un po’ più di tempo a disposizione, si può pensare di visitare le famose cantine vinicole. Noi, però, decidiamo di trasferirci a Castellammare del Golfo, a circa 70 km da Marsala. Qui visitiamo il polo museale del Castello arabo-normanno e passeggiamo sul lungomare dove ci sono svariati ristorantini di pesce: la scelta ricade sul Patio, dove optiamo per due ricchi antipasti.
Spesso, chi decide di visitare il trapanese per le sue belle spiagge, si limita a San Vito Lo Capo e alla Riserva dello Zingaro. E, invece, molto piacevole e pittoresca è anche la Riserva di Monte Cofano, sulla costa occidentale. Arriviamo in località Cornino, dove troviamo due belle calette di sabbia e scogli (Cala Buguto), con vista appunto sul Monte Cofano. Volendo, è possibile lasciare la macchina nel parcheggio gratuito vicino alle spiaggette e fare una passeggiata lungo i sentieri della Riserva.
Noi, dopo aver consumato un pranzo al sacco sui tavolini del bar rigorosamente chiuso perché fuori stagione, proseguiamo in auto e arriviamo dall’altra parte del monte, tra Castelluzzo e Macari, nella baia di Santa Margherita. Qui, è possibile prendere un trenino che fa la spola tra Macari (la spiaggia più a nord, poco prima di San Vito Lo Capo) e Calazza (la spiaggia più a sud, più vicina al Monte Cofano).
Imperdibile, da queste parti, è la visita alle Saline di Trapani e Paceco che viene svolta, secondo giorni e orari prefissati, dal WWF. Le saline, oggi area protetta, risalgono a 4000 anni fa. La raccolta del sale, nei 1000 ettari di riserva, viene svolta tra agosto e metà settembre, ma noi siamo più che fortunati e, al termine della gita, riusciamo a vedere le ultime fasi del lavoro in una salina, quando vengono formate le montagne di sale, disposte ordinatamente sul ciglio della strada e poi coperte da tegole artigianali per proteggerle dalla pioggia.
Oggi, naturalmente, l’estrazione del sale viene fatta in un modo molto differente dal passato. I mulini, per esempio, non funzionano più con il vento ma con dei motori elettrici e il sale viene convogliato sugli argini non più con delle carriole ma con un comodo nastro trasportatore.
Riusciamo anche a vedere i fenicotteri rosa che, da queste parti, fanno una breve sosta prima della migrazione verso i paesi caldi del Sud. La guida del WWF, Gerardo, ci racconta che il fenicottero diventa rosa con il tempo, poiché si nutre di gamberetti che a loro volta mangiano una particolare alga rossa. Così, dopo circa 3-4 anni di vita, il fenicottero – originariamente grigio – diventa rosa!
Dopo l’interessantissima visita guidata, pranziamo in una trattoria con vista sulle saline, La trattoria del sale a Paceco. Da provare l’antipasto Prodotti di tonnara (salame, affumicati e buzzonaglia di tonno).
Il pomeriggio lo passiamo alla Playa, la spiaggia sabbiosa di Castellammare del Golfo. Anche qui il mare è una favola…
Contrariamente alle previsioni, il giorno successivo non piove, anzi il sole splende in alto nel cielo tutto sommato sgombro da nubi. In trenta minuti arriviamo a Trapani e andiamo immediatamente a visitare il Museo Pepoli, annesso al Santuario dell’Annunziata. Il museo ha sede nei locali del convento carmelitano del Santuario, datati alla prima metà del 1300.
Il biglietto di ingresso (6 €) consente di visitare, tra le altre cose, la pinacoteca con numerosi dipinti dal XIII secolo fino al Novecento e, soprattutto, alcune chicche come le figurine da Presepe in legno dl XVII secolo e la sezione dedicata al corallo che, anticamente, era utilizzato per decorare vari oggetti liturgici, tra cui paramenti, ostensori e crocefissi, al punto che il corallo venne identificato con il sangue di Cristo.
Purtroppo la torre di Ligny, che si trova sulla lingua di terra idealmente a metà tra i due mari – Tirreno e Mediterraneo – è chiusa per restauro e così non riusciamo nemmeno a visitare il Museo di preistoria e archeologia marino sito nella Torre. Il panorama, in compenso, è stupendo.
Purtroppo, anche qui come a Marsala, tra le 13 e le 16 i Musei e le Chiese sono tutte chiuse e dunque non riusciamo in nessun modo a visitare la Chiesa di Sant’Agostino (con il bel rosone trecentesco), la Chiesa di San Francesco (in ristrutturazione) e la Cattedrale. Ci consoliamo con un bel ristorantino, Caupona, in via San Francesco d’Assisi. Imperdibile il cous cous con brodo di pesce, da aggiungere a volontà quando il cous cous diventa asciutto.
Proseguiamo, sempre in auto, il nostro tour verso il centro storico di Erice. In alternativa, si può usufruire della funivia (9 euro A/R), ad un prezzo agevolato se si acquista la Trapani Welcome Card. Sappiate, però, che due ore per visitare per intero il borgo medievale sono troppo poche: purtroppo il ticket per il parcheggio va pagato prima, per cui calcolate almeno 3 ore per riuscire a vedere tutto.
La nostra visita parte dal cuore pulsante del borgo, il Castello di Venere, anticamente un santuario a cielo aperto dedicato al culto di Afrodite, dove i marinai di passaggio trovavano conforto tra le braccia delle sacerdotesse del tempio. Oggi del santuario non resta praticamente niente e gli unici resti visibili sono le rovine dell’antica fortezza normanna costruita in seguito. In compenso, il panorama è davvero stupendo: dal castello si riesce a vedere alla perfezione tutta la costa trapanese, le saline, Marsala e, poco lontano, Levanzo e Favignana.
Purtroppo il tempo a disposizione è davvero poco e, dopo aver visitato il Museo Cordici e aver visto da fuori alcune delle Chiese principali (il biglietto di ingresso è a parte) torniamo all’auto e, approfittando della bella giornata, decidiamo di trascorrere la serata a San Vito Lo Capo, dove si svolge proprio in quei giorni il famigerato Cous Cous Fest. Fortunatamente evitiamo il pienone e così riusciamo a passeggiare in tutta tranquillità e soprattutto a trovare un posticino sui grandi tavoli posti nelle vicinanze degli stand gastronomici. Per 10 euro, è possibile assaggiare un piatto di cous cous, un dolce e un bicchiere di vino. E, prima di rimetterci in auto, come si può dire di no ad un buon gelato al pistacchio di Bronte?
La giornata successiva la dedichiamo alla costa orientale rispetto a San Vito Lo Capo. Partiamo dalla spiaggia Guidaloca, che si trova tra Castellammare del Golfo e Scopello: qui il parcheggio è gratuito e il lido è quasi deserto. Il mare è un po’ mosso ma molto piacevole e il sole appare e scompare dietro a qualche isolata nuvola che, a dire il vero, ci regala un po’ di refrigerio e ristoro dopo il caldo torrido degli ultimi giorni. Dopo esserci asciugati, proseguiamo verso nord, in direzione Riserva dello Zingaro che è la nostra meta finale.
Decidiamo di lasciar perdere la spiaggia dei Faraglioni – o Tonnara di Scopello, così chiamata poiché in passato fungeva, appunto, da tonnara ed è stata riconvertita successivamente in spiaggia. In base a ciò che leggiamo in rete, sembrerebbe che il parcheggio costi 5 €, a cui aggiungere il costo dell’accesso alla spiaggia (privata) di 3.50 € a persona. Decidiamo, quindi, di rimandare al giorno seguente i Faraglioni (il panorama dev’essere davvero unico) e di proseguire oltre verso la Riserva. Ultima tappa, prima dello Zingaro, la spiaggetta di Cala Mazzo di Sciacca, molto pittoresca e panoramica. Purtroppo, però, tra il mare decisamente mosso e l’improvvisa invasione di meduse, decidiamo di non fare il bagno e, dopo un’oretta (qui il parcheggio è a pagamento), ci rimettiamo in marcia.
Arriviamo alla Riserva verso le 13 – ed è un errore, come ci rendiamo conto poco dopo. Lasciamo l’auto al parcheggio gratuito – si trova subito dopo quello a pagamento – e ci dirigiamo verso la biglietteria. Accedere alla riserva, infatti, costa 5 € a persona e ciò è un bene visto che il percorso all’interno è guidato e reso agevole da numerosi cartelli posti lungo il tragitto.
Ci spiegano che la prima caletta, Cala Capreria, dista circa 800 metri dall’ingresso, poco distante dal Museo naturalistico, mentre le successive due sono a circa 3 km dall’ingresso e via via a seguire fino alla sesta spiaggetta, nei pressi dall’accesso alla Riserva da San Vito Lo Capo. Avendo tempo, si potrebbe pensare di visitare la Riserva dello Zingaro in due giornate, una volta partendo da San Vito Lo Capo e un’altra volta da Scopello, così da riuscire a scendere in tutte le spiaggette senza dover fare tutto di corsa.
Detto ciò, il percorso è agevole e, a nostro parere, si può tranquillamente pensare di percorrere i sentieri più vicini alla costa in poco più di 2 ore. Stando alla mappa che ci consegnano alla biglietteria, infatti, ci sono altri sentieri, più interni, che varrebbe la pena di percorrere se soltanto si avesse un po’ più di tempo a disposizione.
La prima spiaggetta, in ogni caso, non è nemmeno troppo affollata e, vista l’ora, ci fermiamo qui per avere l’opportunità di fare almeno un paio di bagni prima che il sole scompaia dietro le montagne. In effetti, converrebbe visitare la Riserva durante la mattina ed, eventualmente, andare a Scopello di pomeriggio. Poco dopo le 16, il sole sparisce dietro la collina e così decidiamo di fare ritorno.
Dopo esserci riposati un po’ in agriturismo, ed aver visitato i recinti degli animali della fattoria (che tra gli altri ospita caprette girgentane, asini, galline, oche e tacchini), riprendiamo l’auto per andare verso Valderice, dove ceniamo al ristorante Garten. Il posto in realtà non ci entusiasma più di tanto e il cous cous che prendo mi sembra forse un po’ troppo piccante…
La mattina seguente, diversamente da quanto pianificato, decidiamo di tornare alla Riserva dello Zingaro che, inutile dirlo, ci ha davvero entusiasmato! Percorriamo, senza fretta, i 3 km necessari per arrivare alle spiaggette successive a Cala Capreria e alla fine giungiamo a Cala Berretta e a Cala Disa. Il mare purtroppo è un po’ agitato e non riusciamo a godercelo come vorremmo. Per fortuna il sole non manca e non mancano nemmeno le grotte che ci offrono un po’ di ombra quando proprio non ne possiamo più!
L’ultima serata prima della partenza alla volta delle Egadi la trascorriamo a Castellammare del Golfo, senza dubbio una delle località che abbiamo apprezzato di più. La scelta ricade su Sole Mare, un bel ristorante sul lungomare, dove mangiamo la specialità della casa, cozze con arancia e zenzero. Sfruttiamo il menu turistico che, al costo di 20 euro, ci permette di prendere anche un ricco antipasto e un fritto di calamari.
Il traghetto per Favignana è alle 10.20, quindi possiamo partire con comodo… Abbiamo optato per il traghetto – imbarcando l’auto – anziché per l’aliscafo (più veloce ed economico), perché il noleggio di uno scooter o una bici sull’isola sarebbe costato più o meno quanto il biglietto auto A/R, circa 80 euro. In più, non avevamo molta voglia di lasciare l’auto per tre giorni al porto di Trapani.
Al porto di Favignana, troviamo ad attenderci Michele che ci fa strada verso l’abitazione che abbiamo affittato per le tre notti seguenti. Il monolocale si trova in Contrada Calamoni, a pochi passi da Lido Burrone – una delle spiagge sabbiose più frequentate di Favignana – e da Spiaggia Calamoni. La casa è un piccolo gioiello: gli esterni sono curati e accoglienti, c’è un’ampia veranda con un bel tavolo per la colazione e gli interni sono altrettanto spaziosi. Davvero un’ottima scelta che ci sentiamo di consigliare a tutti i tpc!
È quasi ora di pranzo e, così, senza perder tempo andiamo al Ristorante Bar Cavallo dove prendiamo una fiorentina di tonno e un piatto di busiate con ricciola e mandorle. Per ingannare il canonico tempo della digestione, ne approfittiamo per fare un giro in paese così da organizzare al meglio i successivi tre giorni. Vicino al Porto visitiamo Palazzo Florio, un tempo residenza della potentissima famiglia Florio e oggi adibito a info point e sede per mostre. Il centro vero e proprio è piuttosto piccolo e ruota attorno alla Piazza dove sorge la Chiesa Madre e alla Piazza attigua dove si trova il Municipio. Tantissimi i locali, bar, ristoranti, negozietti di souvenir. È vero, Favignana è un’isola prettamente turistica ma ciò non ci dispiace e, anzi, per avere più tempo per visitarla – dato che c’è davvero molto da vedere, a partire proprio dalle spiagge! – decidiamo di rinunciare alla gita a Levanzo e di dedicare così due giorni all’esplorazione dell’isola.
Partiamo senza saperlo proprio dalla spiaggia più bella di tutte, Cala Azzurra, una caletta a sud di Favignana (il padrone di casa ci ha consigliato di visitare le spiagge che danno a sud dato che, quel giorno, soffiava vento da nord est). I colori dell’acqua sono splendidi e non possiamo fare a meno di innamorarci di questo piccolo angolo di paradiso.
Proseguiamo con Lido Burrone, poco distante dal nostro appartamento. Qui c’è la spiaggia attrezzata ed è una delle poche spiagge sabbiose (la maggior parte sono di ciottoli, scogli o roccia). Ottima, quindi, se si hanno bambini al seguito! Anche qui il fondale è molto basso e l’acqua è pulita e trasparente.
Avendo a disposizione un’ampia e fornita cucina, decidiamo di prendere cibo da asporto, un bel tagliere di tonno e pesce spada, all’Antica Tipicheria siciliana, proprio di fronte al porto.
Il giorno successivo, dunque, restiamo a Favignana e proseguiamo il nostro tour delle spiagge più belle. Il vento soffia da sud e, quindi, senza esitare, scegliamo le spiagge orientate verso nord. Partiamo da Cala Rossa, una spiaggia che però non ci ha colpito più di tanto, nonostante molti la reputino la spiaggia più bella d’Italia. In realtà, la discesa verso il mare è abbastanza ardua e sono assolutamente indispensabili le scarpe da scoglio. In più, quel giorno ci sono le meduse, un motivo in più per desistere e andare altrove. Scegliamo di proseguire verso Marasolo, nei pressi di Punta Lunga. Qui, la discesa a mare è decisamente più alla nostra portata e il mare è davvero splendido.
Ancor più bella è la spiaggia di Cala Rotonda a cui giungiamo dopo aver attraversato la galleria, o anche Scindopasso, che attraversa il monte che divide in due Favignana e sulla cui sommità c’è il Castello di Santa Caterina.
Sulla via del ritorno, ci fermiamo alla pescheria Stella Maris – su Via Vittorio Emanuele – dove compriamo del pesce spada da cucinare in padella la sera stessa. Alle 19, invece, abbiamo appuntamento all’ex Stabilimento Florio per partecipare alla visita guidata (ce ne sono diverse in programma nel corso della giornata, per gli orari basta chiedere all’info point di Palazzo Florio). La visita guidata costa appena 4 euro a persona e dura circa un’ora. È una tappa obbligatoria per chiunque voglia entrare in contatto con la cultura dell’isola e scoprire cosa ha realmente significato, per decenni, la pesca del tonno, principale forma di sostentamento degli abitanti almeno fino al secolo scorso (oggi l’economia, invece, si basa principalmente sul turismo).
“Del tonno non si butta via niente”, ci spiega Ramona e, in effetti, il tonno è considerato il maiale del mare. L’olio di pesce, per esempio, viene usato nell’industria conciaria, mentre la farina di pesce come mangime per animali o concime.
La preparatissima e competente guida ci accompagna nelle diverse sale dove avveniva la lavorazione del tonno, mostrandoci le imbarcazioni con le quali veniva eseguita la mattanza, il luogo dove veniva pulito il pesce, poi gli enormi pentoloni dove veniva cotto e, successivamente, la stanza dove veniva inscatolato – a seconda della qualità. Nel 2007 è avvenuta l’ultima mattanza e, oggi, il tonno rosso non può più essere inscatolato. Infatti, nel corso degli anni, la pesca intensiva ha decimato la popolazione di tonni, tant’è che gli esemplari pescati pesavano troppo poco e, spesso, non avevano modo di riprodursi. In origine, difatti, la mattanza rispettava il ciclo riproduttivo del tonno e durava appena 40-45 giorni (gli altri periodi dell’anno si ricorreva a pesce azzurro).
Dopo la visita guidata, è possibile continuare per conto proprio il giro dello stabilimento così da avere la possibilità di visionare i documentari presentati (c’è anche un filmato dell’Istituto Luce e un episodio de La grande storia dedicato alla famiglia Florio). Imperdibile la grande sala con le testimonianze video e audio di ex lavoratori dello stabilimento Florio, tra qui quella di Gioacchino Cataldo, ultimo rais (ovvero capo) della tonnara di Favignana.
Il giorno dopo è prevista la gita a Marettimo. Questa volta prendiamo l’aliscafo che, in appena 40 minuti (costo A/R 20 euro a persona), ci porta all’antica Hiera (la “Sacra”). Diversamente da Favignana, qui le spiagge sono molto poche e difficilmente raggiungibili. La vera perla dell’isola sono le grotte e, quindi, il modo migliore per visitare Marettimo è tramite un giro in barca. L’isola, così come tutto l’arcipelago, fa parte di una riserva protetta, per cui i non residenti devono sottostare a particolari divieti e, dato che con mezzo proprio non è possibile avvicinarsi alle coste, l’ideale è affidarsi alla barca di un locale.
La scelta è ricaduta – o meglio lui ha scelto noi appena sbarcati! – su Alessandro del supermercato I freschi con la sua bella imbarcazione Blue Star (al costo di 15 € a testa per tre ore circa di navigazione). La barca parte alle 10.30 quindi abbiamo un po’ di tempo per fare un veloce giro nel paese (molto raccolto e tranquillo, le auto sono davvero molto poche).
Nelle successive tre ore facciamo il giro di tutte le grotte più belle di Marettimo, dalla Grotta del Cammello alla Grotta del Tuono (chiamata così per via del rumore prodotto dalle onde quando si infrangono sulla roccia), passando per la Grotta della Pipa, Grotta Perciata e la Grotta del Presepe, dove sembra davvero di vedere le classiche figure della Natività intagliate nella roccia scura.
Sopra di noi, il castello di Punta Troia, risalente al XVI secolo. Sarebbe bello salire fin lassù per godere del panorama, ma purtroppo occorre almeno un’ora e mezza di cammino per arrivarci. Naturalmente, c’è anche tutto il tempo per fare un bel bagno: il più bello è stato senza dubbio quello a Cala Bianca, con un’acqua di un colore meraviglioso e tanti pesci a farci compagnia. Poco dopo, la barca si è fermata anche alle grotticelle, dove abbiamo avuto l’opportunità di percorrere a nuoto una grotta. Anche qui, colori stupendi e, nonostante la risacca, una bellissima esperienza.
Durante il giro in barca, notiamo che ci sono imbarcazioni locali che fungono da taxi, per cui volendo trascorrere sull’isola un paio di notti ci si può senz’altro affidare a loro per farsi portare nelle spiaggette difficilmente raggiungibili a piedi.
Alle 13.30, felici ma affamati, ci dirigiamo senza indugio verso la Trattoria Il veliero, seguendo il consiglio di uno dei tanti tpc che, qui, si sono trovati bene. E, in effetti, il locale è molto carino, con vista sul mare e una cucina molto appetitosa. Assaggiamo spaghetti con tonno fresco e spaghetti con aglio e bottarga.
Dopo pranzo decidiamo di fare una passeggiata avendo ancora più di due ore a disposizione, ma prima prendiamo un’ottima granita (consigliatissima quella al fico d’India!), in previsione della lunga scarpinata sotto il sole. Andiamo verso le Case Romane, come consigliato da Alessandro, visto che l’escursione al Castello avrebbe richiesto molto più tempo. La salita è senz’altro faticosa, ma il panorama ci ripaga dello sforzo. Arrivati sul posto, visitiamo i resti di un edificio militare e una piccola chiesetta normanna, edificata sui resti di una chiesa romana del VI secolo. La Chiesa è consacrata e ci domandiamo chi abbia la pazienza di fare 45 minuti di cammino per poter seguire la Messa!
Di ritorno a Favignana, ahimè la nostra ultima sera, facciamo un ultimo giro in centro, facendo un po’ di acquisti a tema (prodotti di tonnara da I Capricci del tonno su Via Vittorio Emanuele) e visitando la Chiesa Madre e Palazzo Florio, dove è in corso una mostra. Per cena scegliamo A Cialoma – vicino la Chiesa Madre – un ristorante forse un po’ costoso ma con pietanze interessanti: noi abbiamo preso un tris tonnara e una portata a testa (tagliatelle Lemon Mint e tronchetto di tonno in crosta di sesamo e arance) spendendo 52 euro.
Purtroppo, la mattina seguente siamo costretti a lasciare l’appartamento alle 11. Niente mare tutto il giorno, quindi, ma solo un velocissimo bagno (causa meduse) al Lido Calamoni. Assaggiamo finalmente il famoso pesto alla favignanese (con pistacchi e aglio) al ristorante La Lampara in piazza Madrice. E, dopo pranzo, ci aspetta il trenino Egadilandia per salutare nel migliore dei modi l’isola.
I biglietti si possono fare al botteghino che si affaccia sul porto – è proprio da qui che parte il trenino – ed è possibile fare un giro completo (8 euro per un’ora e mezza) oppure visitare solo metà isola (la parte più turistica e meno selvaggia), per 5 euro. Abbiamo così modo di attraversare San Nicola, la zona archeologica di Favignana, ricca di grotte e graffiti. Curiosamente la zona abitativa si è sviluppata solo a partire dal 1600 con le prime case in muratura. Passiamo da Punta Sottile o Approdo di Ulisse, dove sorge il bellissimo faro e, poi, passiamo dalle cave di tufo (per l’esattezza calcarenite) che, oggi, sono in parte diventate bellissimi giardini e orti ipogei visitabili anche con guida ad orari prefissati.
Probabilmente, il giro in trenino sarebbe più utile il primo giorno così da farsi un’idea dell’isola e “prendere appunti” su cosa visitare nei giorni successivi, ma noi ci siamo trovati ugualmente bene, abbiamo avuto modo di apprendere nuovi aneddoti su Favignana, un’isola che è davvero impossibile non amare!
Bilancio della vacanza? Più che positivo. Il tempo è stato sempre caldo e soleggiato, tanto che per il prossimo anno forse potremmo pensare di partire a metà ottobre (i locali ci hanno raccontato che le temperature si mantengono alte fino a novembre, con massime di 24-25 gradi). Dunque, perché andare alle Canarie in autunno quando si può godere di un mare così bello a due passi da casa?